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Urge una svolta nel rapporto tra industria e retail

20 April 2009
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Affinché il giardinaggio si sviluppi in modo capillare serve iniziare un percorso di crescita contraddistinto da una coerenza generale e costituito da azioni commerciali, di marketing, di logistica che coinvolgano tutta la filiera.
Industria, aziende commerciali, grossisti e dettaglio: ciascuno deve fare il suo dovere.
La situazione di partenza, la mentalità, la cultura di mercato e d'impresa difettano, soprattutto non sono equamente distribuite: ci sono situazioni molto avanzate e altre più che conservative, o meglio arretrate.
Solo fino all'anno scorso, nonostante un aprile climaticamente disastroso, c'erano dettaglianti che vantavano crescite fantasmagoriche; allo stesso modo abbiamo assistito a politiche commerciali di aziende che hanno adottato tattiche di breve periodo e azioni opportunistiche finalizzate a ingolfare i punti vendita secondo il principio che uno spazio occupato non può essere preso dal concorrente. In entrambi i casi si tratta di comportamenti da biasimare. Nel caso del dettagliante certi comportamenti offendono l'intelligenza dei colleghi e si deve iniziare a diventare grandi nei fatti e non nelle parole. Nel caso dell'industria, serve iniziare a pensare in termini strategici e non in maniera finalizzata al sell in, facendo leva sull'incapacità del punto vendita di non saper misurare correttamente, in termini economici e finanziari, l'azione commerciale.
I due casi evidenziati sono rappresentativi di un retaggio storico e culturale inadeguato a sostenere il futuro. Se le cose non cambieranno rischiamo di non riuscire a far "partire" in modo adeguato un settore dalle grandi potenzialità, senza considerare che stiamo già concorrendo per diventare l'ultimo mercato d'Europa. Presto ci faremo raggiungere anche da Grecia e Portogallo. Il periodo potrebbe non essere dei migliori, ma proviamo a interpretare la crisi come momento di riflessione e di sviluppo coatto che ci obbliga a rivedere certe posizioni inadeguate e anacronistiche. Comunque ci si comporti all'interno del canale specializzato, il consumatore ha bisogno di "verde". Ma è un mercato che può crescere al meglio solo se si seguono delle regole comuni, prima che il consumatore venga sedotto e sposi altri canali distributivi più attenti, più veloci e quindi vicini al suo stile di vita. Proviamo a fare qualche riflessione su possibili azioni di marketing.

VERSO IL SELL OUT

Resta evidente che il potenziale di crescita c'è e infatti aumenta il numero dei marchi presenti nel mercato, la concentrazione di aziende nel punto vendita si fa sentire e obbliga il dettagliante o il buyer incaricato a ragionare su selezione, posizionamento, organizzazione e gestione della gamma prodotti.
Acquistare diventa più complesso: è necessario operare attraverso una visione strategica del mercato e dell'evoluzione del punto vendita.
In questo scenario, nuovi concetti entrano nella valutazione del fornitore e nella costruzione della gamma, concetti che peraltro sono poco presenti nel garden, per non dire assenti. Se sono ancora poco definiti e confusi i criteri attraverso cui gestire un rapporto di partnership cliente/fornitore, va sottolineato che non sempre ciò accade per demerito dei soli dettaglianti ma anche per effetto di un'industria ancora distratta e propensa a ragionare in termini di semplici sconti e volumi di vendita.
L'aspetto deleterio è che il valore complessivo generato dal prodotto, dal marketing dell'industria e dal retailer si vanifica, si perde e non arriva alla signora Maria.
Oggi la situazione presenta diverse incongruità che rendono meno performante l'intera filiera penalizzando l'industria, il distributore commerciale e il punto vendita.
L'aspetto più deleterio di questo scenario è che il valore complessivo generato dal prodotto, dal marketing dell'industria e dal retailer si vanifica, con la conseguenza di non riuscire a raggiungere la signora Maria. Ma nonostante nessuno sia soddisfatto, ognuno continua per la propria strada. Se i diversi attori della filiera non condividono un progetto comune, l'atteggiamento risulta prevalentemente competitivo e mai collaborativo, talvolta opportunistico: come se le vendite incrementali del punto di vendita non beneficiassero l'industria e, viceversa, come se certe azioni di comarketing create dall'industria non portassero competenze e benefici di vendita al dettagliante.
Ma il costo del non allineamento inizia a creare delle fratture generate da un processo che non è efficiente e proficuo per nessuno. Non tutti si troveranno d'accordo con questa visione ma, nel dubbio, riflettere sui cambiamenti da adottare costa poco, poiché è sempre più evidente che le politiche commerciali e di rapporto fra industria e punti vendita sono poco empatiche e poco adatte a una gestione efficiente del prodotto nell'area di vendita. Così come è vero che il punto vendita, in molti casi, scarica le proprie diseconomie sull'industria chiedendo sconti aggiuntivi a fronte di un ritorno promesso ma poco verosimile e riscontrabile. La questione ora sta nel ricercare una soluzione piuttosto che rivendicare responsabilità.

STABILIRE LE PRIORITÀ

Il rapporto fra chi produce e chi vende richiede una revisione che deve partire da un indice delle cose più importanti che tutti i soggetti coinvolti devono iniziare a condividere. La condivisione di un progetto è però correlata alla sensibilità delle parti ai diversi contenuti, e soprattutto a una visione del futuro che non tenga conto di alcuna griglia basata sul passato ma che pesi il valore reale dell'innovazione in relazione al percorso da costruire, che diventa di fatto il vero progetto. Non avrebbe senso, infatti, per l'industria proporre servizi di merchandising se il punto vendita non ne comprende e valorizza l'importanza. Inoltre, non sarà possibile avere sconti e merchandising in contemporanea: si dovrà fare una scelta. Se l'industria ha economie di scala nel fare merchandising e il punto vendita ha costi elevati nel mantenere pieno e prezzato lo scaffale, ecco trovato il punto di incontro.
Questo non toglie che chi non vorrà fare merchandising possa fare sconti e starà al compratore scegliere che tipo di approccio preferisce.
Il processo di trasformazione interessa la gamma prodotti, la rete vendita, i servizi prestati al punto vendita. Si deve operare innanzitutto una radicale visione concettuale delle azioni che devono essere messe all'ordine del giorno.
Meglio iniziare con qualche esempio:
  • crescendo la concorrenza e la presenza di più competitor sui medesimi segmenti di prodotto, spesso con identico posizionamento di prezzo, ha preso forma un processo di trasformazioni dei rapporti di canale;
  • la prima grande variazione, che le imprese industriali stanno intuendo (e qualcuna già mettendo in atto) consiste nell'iniziare a pensare e a occuparsi direttamente del sell outdei punti vendita;
  • la performance dei punti vendita non viene più misurata in base ai volumi. Anche gli investimenti nel trade marketing non sono più finalizzati al volume ma alla velocità con cui il prodotto entra ed esce e alla gestione efficiente del prodotto all'interno dell'area di vendita e sullo scaffale;
  • implicitamente questo presuppone una visione strategica del mercato che, partendo da un orientamento al sell out, mette fuori gioco azioni commerciali che discriminano per potenziale di volume di acquisto e privilegia azioni che si differenziano in base al potenziale di vendita e che daranno risultato nel medio periodo e non più nel breve ;
  • nasce un dare avere fra industria e retailer che si manifesta sotto forma di servizi dati e resi piuttosto che su volumi di sell in a fronte di sconti più o meno sostanziosi;
  • quindi la contribuzione e gli sconti commerciali che sono resi al punto vendita cambiano in funzione di precisi obiettivi e il rapporto si misura non più emotivamente ma analiticamente;
  • partendo da un CRM (vedere box) si devono quindi pianificare le risorse, studiare le azioni per canale e quindi agire per potenziale di punto vendite, si inizia ad organizzare e controllare la forza vendita. Si inizia a organizzare e controllare la forza vendita e la sua capacità di selezionare i punti vendita vincenti con il preciso intento di dare valore aggiunto all'offerta. Si tratta di ragionare in base alla customer life time value, ossia al valore del cliente nel tempo . Il che sta a significare che si deve scommettere sui cavalli che sapranno correre più velocemente da oggi per i prossimi dieci e quindici anni.
In sostanza l'azienda industriale deve:
  • in primo luogo iniziare a determinare il valore del proprio portfolio clienti discriminando fra punti vendita che cresceranno e manterranno quote di mercato e punti vendita che invece sono destinati a perdere quote di mercato;
  • in secondo luogo generare una partnership proficua con il gruppo dei primi. Entrando quindi con soluzioni specifiche per condividere con il retailerer la gestione del prodotto, per arrivare al consumatore con maggiore efficacia ottimizzando e, persino condividendo, i costi di gestione del prodotto quando questi ultimi supportano il sell out.

IL VALORE DEL CLIENTE NEL TEMPO (CUSTOMER LIFE TIME VALUE)

Un progetto di analisi e profilazione del consumatore per poi arrivare a un programma di vera e propria fidelizzazione e crescita del cliente, raramente risulta profittevole perché spesso gratifica soprattutto i clienti già fedeli, ovvero quelli che comunque avrebbero acquistato. La maggior parte dei programmi commerciali e di marketing, sino a oggi visti, non producono i risultati desiderati, in quanto non sono disegnati in modo da stimolare miglioramenti negli atteggiamenti di acquisto dei clienti. Spesso servono solo a dare rilievo a un marchio con l'intendo di sottrarre spazio al competitor, senza che il punto vendita abbia benefici tangibili in termini di volumi di vendita, margine o rotazione dello stock. Uno dei possibili errori consiste nel fatto che si analizzano relazioni spesso sbagliate generate da database incompleti, che il più delle volte allocano troppe risorse sui clienti dal potenziale non certificato o stimato superficialmente, anziché sui clienti realmente migliori, quelli cioè che determinano la profittabilità dell'azienda.
Lo sbaglio in cui si incorre è considerare i clienti come se fossero quasi tutti uguali trattandoli in modo indifferenziato.
Da qui l'importanza di effettuare analisi appropriate per identificare segmenti di clientela in base al loro valore, attivando la corretta metodologia di approccio che si identifica nel concetto di Customer Life Time Value (CLTV).
Il Life Time Value ha una definizione un poco ostica ma che per dare completezza all'argomento viene riportata: rappresenta il valore economico della base clienti nel suo complesso in un determinato periodo di tempo. È il valore attuale netto (VAN) del profitto realizzato in media su un nuovo cliente in un dato numero di anni. Equivale, quindi, al conto economico per cliente.
In altre parole questo significa poter stimare oggi, in euro correnti, quanto spenderà il cliente nei prossimi cinque o dieci anni al fine di poter determinare quanto investire su di lui. Oggi un cliente potrebbe valere 1.000 ed un altro 500 e quindi investo sul valore attuale netto di fatturato (VAN) più alto.
La costruzione di un modello di profittabilità del cliente avviene attraverso specifici indicatori di performance. Per esempio:
  • costi delle azioni di marketing,
  • costi di acquisizione del cliente,
  • costi delle azioni promozionali e di merchandising,
  • fatturato,
  • contribuzione marginale,
  • percentuale di clienti mantenuti anno per anno.
Il CRM alimenta le analisi di CLTV e permette quindi di costruire politiche commerciali mirate e verticali a uno specifico canale o formato di punto vendita.
Significa che i programmi commerciali vanno modellati sulle specifiche del formato e quindi, per fare un esempio, certi corporate box (una sorta di piccoli negozi a marchio), inseriti in alcuni negozi di piccole dimensioni, generano più confusione che ritorni di vendite.
Se si comprende come funziona il negozio e quali sono i drivers del suo conto economico e si adottano gli interventi migliori per rendere efficiente la gestione del prodotto, attraverso un'azione sinergica fra dettagliante e industria, si allineano anche, con maggiore probabilità, le aspettative del consumatore con le caratteristiche dell'offerta. Soprattutto se il punto vendita dispone di un proprio CRM che identifica i consumatori per segmenti dalle caratteristiche note.
Invece accade che il prodotto, una volta entrato nell'area di vendita, viene bistrattato e dimenticato. Oppure viene apparentemente gestito in scaffali che evidenziano solo la volontà di referenziamento del proprio marchio da parte dell'industria ma che, nei fatti, fanno un pessimo servizio sia al consumatore sia al punto vendita. Ciò che si vede oggi interessa una vasta casistica: gamme mal posizionate sia sotto il profilo del marketing che del merchandising, concetti di cross category (gestione delle vendite complementari e associate) assenti e mal gestiti, evidenti posizioni di overstock (eccesso di prodotto nel punto vendita) e via dicendo a cui si contrappongono evidenti rotture di stock (mancanza del prodotto a scaffale). Se dovessimo pensare con coerenza alla priorità del punto vendita, prima di pensare a certi "cinema" natalizi, piuttosto che pasquali, ferragostiani e via dicendo, dovremmo occuparci della gestione corretta delle attività di base che consistono, come peraltro già scritto, in un'area di vendita che sia sempre piena, sempre pulita e sempre prezzata. Dove il concetto di prezzato rappresenta la comunicazione nella suo complesso e quello di pieno sott'intende i processi di acquisto, logistica e gestione ordinaria del prodotto. Eppure si vende lo stesso: ma si guadagna sempre meno a fronte di sforzi sempre più alti (leggasi costi crescenti), margini in calo e rotazioni troppo basse. Di positivo c'è che finalmente si sta capendo che la rotazione non è solo un problema delle trottole.

L'INDUSTRIA NON CONOSCE IL PUNTO VENDITA E VICEVERSA

Molti dicono che fra alcuni anni le reti vendita, così come le conosciamo, non ci saranno più. Ma non è vero che non ci saranno più funzionari o professionisti della vendita: spariranno i soli compilatori di copie commissioni.
Semplicemente il contatto fra industria e dettagliante dovrà essere gestito da soggetti che conoscono le dinamiche del punto vendita, sanno cos'è un display prodotti, distinguono concettualmente il ruolo di un display ordinario e straordinario e sanno dove collocare un prodotto alto rotante sapendone misurare la rotazione, tanto per fare qualche esempio.
Basta chiederci che cosa farà l'informatica fra dieci anni per comprendere che all'uomo deve restare il vero valore aggiunto e non la compilazione di qualche documento. Anche sotto il profilo commerciale, la sola discussione e definizione di un contratto di vendita non si limiterà al prodotto e non esisterà accordo di vendita che non presenti contenuti che vadano verso la formazione, il merchandising, i planogrammi, il geomarketing, lo studio della relazione con il consumatore, la contribuzione per l'analisi del portfolio clienti.
Al momento sembra invece che l'azienda sia attenta al solo sell in e il punto vendita gioca pertanto tutto il suo potere contrattuale nel "tirare il collo" al fornitore in sede di negoziazione iniziale. L'errore del dettagliante che ha una maggiore propensione nel misurare lo sconto a breve (pochi maledetti ma subito) consiste proprio nel focalizzare l'attenzione sul costo iniziale di acquisizione senza vedere tutti i costi che stanno dietro.
Il risultato è che l'industria soffre per aver troppo concesso e non ha più margine per altre iniziative ed é paradossale poi constatare che non sempre chi acquista di più ha le migliori condizioni. Anche il punto vendita soffre perché ha eccessivi carichi di prodotto, sell out insufficiente, poca rotazione e perde, nei costi aggiuntivi di gestione del prodotto e nel finanziario, gli sconti tanto sudati. Quindi il punto vendita respinge le ricevute bancarie che generano ulteriori perdite all'industria per costi finanziari e di incasso. Industria che nonostante tutti gli sforzi non vede crescere e non può misurare le sua quota di mercato. Una sommatoria e una sequenza di virtuosismi fini a se stessi che non hanno nulla a che vedere con la crescita del mercato, la crescita dell'industria o del punto vendita. Che cosa ci guadagna il consumatore in questo percorso? Nulla! Il risultato è a somma zero.

CONCLUDENDO

La parola magica potrebbe essere condivisione. Va condiviso fra industria e punto vendita l'obiettivo di soddisfare sempre un maggior numero di consumatori impiegando proficuamente tutte le leve a disposizione. Se è vero che alcuni prodotti sono bistrattati nell'area di vendita vanificando gli sforzi del marketing dell'industria è altrettanto vero che il punto vendita deve capire che il solo sconto è spesso fine a se stesso e non risolve le inefficienze di gestione della referenza che potrebbero essere affrontate con i fornitori.
Il percorso richiede tempo. Il punto di partenza sta nell'incontro fra un'azienda che offre cose nuove e un punto vendita che comprende che queste cose nuove, che apparentemente lasciano meno margine, sono in realtà una soluzione che fa risparmiare rendendo più proficuo il contatto fra prodotto e consumatore.
Ci deve essere trasparenza e volontà nell'applicare soluzioni che non siano di sola facciata; serve anche che le reti vendita si abituino a integrare servizi aggiuntivi e personalizzati in base al potenziale (CLTV) del negozio.
Quest'ultimo, a sua volta, dovrà dare un feedback per la messa a punto di un diverso modello di vendita che dovrà essere via via perfezionato e arricchito.
Tutto questo è indubbiamente molto difficile da fare, ma alcune aziende ci stanno provando, erogando servizi integrati ai prodotti. Si deve avere pazienza: chi non ha posizionamenti certi sparirà e il punto di vendita ha bisogno di più che di soli prodotti. Si deve insistere: la strada sembra essere questa, senza tante scappatoie.


Cos'è il CRM?
Il CRM è un metodologia di lavoro, gestibile anche attraverso dei programmi informatici appositamente realizzati, atta a gestire le relazione con i clienti sia acquisiti che potenziali. Si parte sempre dal sottinteso concetto che l'acquisizione del nuovo cliente abbia dei costi sensibilmente più elevati rispetto a quelli da sostenere per il mantenimento e per il miglioramento della relazione con quelli già disponibili.
Deve consentire inoltre di attivare e realizzare nuove opportunità di business con il portfolio clienti acquisiti lavorando sui bisogni ancora insoddisfatti agendo, prioritariamente, su quelli maggiormente prevedibili e più vicini al comportamento di acquisto dei segmenti clienti già acquisiti. Il significato di fidelizzare inizia e si identifica con il conoscere il profilo dei segmenti di clientela al fine di anticiparne i bisogni studiandone il comportamento di acquisto ma prendendo anche in esame tutti i feedback e segnalazioni che la clientela trasmette. Un acquirente fedele è la risultante di una serie di attenzioni, appositamente predisposte per ciascuno dei differenti segmenti di clienti (parlare del singolo ha poco senso). La fedeltà è tanto maggiore se il cliente riconosce nel fornitore una significativa attenzione alla sua identità e l'obiettivo è quello di mantenere viva in lui, l'attenzione per l'azienda. Lo strumento CRM permette la gestione delle relazioni con i clienti, col fine di averne sempre presente la situazione e prevederne le necessità.