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Il biologico? Una nuova opportunità!

15 December 2014
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La crisi e la generale contrazione dei consumi hanno recentemente portato gli italiani a tirare la cinghia anche a tavola, riducendo gli acquisti di generi alimentari e bevande. Il Rapporto Coop, che ogni anno fotografa lo stato di salute dei consumi del nostro Paese, mostra uno scenario ancora infelice: si stima che dal 2007 la crisi abbia tagliato complessivamente 100 miliardi di consumi. E che la spesa alimentare sia calata del 13%, facendo scendere a 461 euro lo scontrino medio mensile delle famiglie di tre persone (nel 2012 era di 468 euro). Con la crisi, quindi, gli acquisti diventano selettivi e alcuni fattori come il nomadismo della spesa, il ricorso alle promozioni, l’utilizzo di internet per pianificare gli acquisti e lo spostamento verso beni di prezzo inferiore, fotografano quello che è destinato a diventare un nuovo modo di acquistare.
Oggi, insomma, il consumatore medio tende ad adattare lo stile di vita alle proprie capacità di reddito: si spende meno per cibi e bevande in generale, ma soprattutto si acquista con oculatezza, cercando, in primis, di non rinunciare alla qualità. Ciò che prima si acquistava al supermercato, inoltre, oggi viene fatto in casa, una tendenza che deriva anche dal successo dell’orto urbano, la pratica di allestire un proprio angolo sul terrazzo da destinare alla coltivazione di frutta e verdura. Si pensi che sono oltre 4 milioni gli italiani coinvolti nell’agricoltura amatoriale, spinti dalla possibilità di consumare cibi sani (come indica il 60,2% dei coltivatori di un orto). Nonostante il periodo di recessione, quindi, gli italiani restano una “buona forchetta” e oggi più che in passato sono alla ricerca di un equilibrio tra budget di spesa e salvaguardia dello standard alimentare. Si dimostrano attenti a ciò che mangiano e questa nuova sensibilità per il benessere a tavola è accresciuta anche dai problemi di salute legati al cibo, sempre più comuni e spesso vincolanti negli acquisti: si pensi alla crescita delle vendite di prodotti senza glutine (+32%) e delle bevande vegetali (+29%).

L’economia arranca, il bio vola

La categoria di prodotto che maggiormente esemplifica questa ricerca di benessere a tavola è il biologico. Dal 2005 il valore delle vendite in iper e super di prodotti a marchio biologico è cresciuto costantemente: in meno di un decennio il valore del bio è, quindi, aumentato del 220% e ha toccato i 2,3 miliardi di vendite. Tra le categorie più apprezzate ci sono pasta, riso e sostituti del pane (+73%), zucchero, caffè e bevande (+37%), mentre continua ad avanzare la richiesta di ortofrutta fresca (+11%) e biscotti, dolciumi e snack (+15%). Al contrario di come si potrebbe pensare, la GDO non è il principale canale del biologico: dei 2,3 miliardi di vendite realizzate nel 2013, copre solo il 27% del venduto a valore (fonte Nomisma), lasciando i negozi e le superfici specializzate il punto di riferimento per il biologico, che nel 2013 il canale hanno registrato vendite oltre il miliardo di euro (46% del totale). Da tre anni, inoltre, il settore registra risultati più che incoraggianti: nei primi 5 mesi del 2014 le vendite hanno registrato un +17% (fonte Ismea). Nell’anno in corso, inoltre, la percentuale di consumatori di alimenti a marchio bio è salita al 59%, registrando un netto incremento sia rispetto all’anno 2013 (+4,5%), sia rispetto al 2012 (+5,8%). Meno, quindi, della metà (41%) della popolazione italiana dichiara di non aver mai acquistato prodotti biologici negli ultimi 12 mesi, anche se si dichiara favorevole alla sperimentazione di nuove linee a marchio bio.
Tra i supporter del biologico, il 37% dichiara di consumare alimenti bio almeno una volta la settimana, il 22% ogni giorno. Il focus dell’Osservatorio di Sana 2014, presentato in occasione di Sana, il salone internazionale del biologico e del naturale, conferma lo stato di buona salute del settore, che combatte la crisi economica con la sua domanda annuale a doppia cifra, sia in termini di vendite sia di famiglie acquirenti. Una crescita a dispetto dei consumi alimentari totali, le cui vendite al dettaglio segnano un - 0,7% in proiezione nei primi 6 mesi del 2014.

Crescono i consumatori

Il fenomeno della crescita non interessa soltanto il giro d’affari: il tasso di penetrazione, ovvero la quota di famiglie che nell’ultimo anno ha acquistato almeno in un’occasione un prodotto bio, sale dal 53% del 2012 al 59%. Insomma, gran parte della crescita del bio deriva dall’ampliamento del numero delle famiglie acquirenti: in soli due anni salgono a 1,7 milioni i nuclei familiari che consumano prodotti a marchio bio. Questo trend positivo è dovuto anche dall’ampiezza dell’offerta, che oggi negli scaffali della distribuzione specializzata arriva a 4.000 referenze.

Cresce l’away from home

Tra i fattori che porteranno, nei prossimi anni, a un’ulteriore crescita del biologico c’è sicuramente l’away from home, ovvero la possibilità di consumare un pasto sano anche al di fuori delle mura domestiche. Questo fattore di certo incentiva la nascita di una nuova offerta mirata per la ristorazione, nei luoghi in cui la famiglia passa il tempo libero e il fine settimana, per divertirsi o fare acquisti. In questo senso, il garden center sembra essere il luogo ideale nel quale introdurre un reparto ristorazione che offra prodotti biologici. Il 14,5% degli italiani ha avuto negli ultimi 12 mesi almeno un’occasione per consumare alimenti bio all’interno di strutture diverse dalla propria casa. Per questo motivo, c’è grande attesa sul nuovo Regolamento europeo del biologico, che entrerà in vigore a partire dal 2017 e che introdurrà importanti misure a supporto della crescita del settore. Inoltre, visto il filo conduttore di Expo2015, dedicato all’alimentazione, il bio Made in Italy sarà una tematica ricorrente del prossimo anno: insomma, un’occasione da non perdere.

L’identikit del consumatore bio

Il successo per il biologico si può spiegare attraverso alcuni fattori socio-economici e culturali. La propensione all’acquisto è più alta nelle famiglie con un reddito mensile familiare elevato (sale al 69%) e dove il responsabile degli acquisti ha un titolo di studio alto (68%). Analizzando i cluster del consumatore bio, scopriamo tre segmenti principali: le New Entry (i novizi del bio), gli Etici (interessati all’argomento e i Fedeli. E’ su questo cluster che dobbiamo soffermarci: appassionati del bio da oltre 5 anni, hanno un’età compresa tra i 30-40 anni, con figli inferiori ai 6. Sono attenti alla salute, propria e del pianeta, comprato di tutto e mangiano bio quasi ogni giorno.

EcorNaturaSì: il partner del biologico

Era il 1987 quando EcorNaturaSì entrava nel mondo dell’agricoltura biologica e biodinamica. Grazie a questa esperienza di quasi 30 anni, il Gruppo si è specializzata nell’intero processo produttivo e distributivo di prodotti biologici ed oggi offre ai consumatori oltre 4.000 prodotti certificati: alimentari freschi, confezionati, referenze per i vegani, prodotti senza di glutine e per le intolleranze alimentari, bevande, cibo per la prima infanzia e referenze per la cura e per la bellezza del corpo. Il polo logistico, situato a San Vendemiano (Tv), è il più importante polo di distribuzione in Italia di prodotti biologici e serve oltre 1.000 negozi di alimentazione naturale. L’insegna NaturaSì, fondata a Verona nel 1992, è presente nelle maggiori città con oltre 120 supermercati, di cui due in Spagna. Il 2013 si è chiuso con un valore della produzione consolidato del Gruppo (cui appar tiene anche il marchio Baule Volante, specializzato nella vendita di prodotti biologici a piccoli negozi) di circa 230 milioni di euro, in crescita del 12% rispetto all'anno precedente. EcorNaturaSì non è solo un’insegna, ma un vero e proprio partner commerciale con cui poter sviluppare un nuovo business nel biologico. NaturaSì propone, infatti, soluzioni di affiliazione “chiavi in mano”,un rappor to bidirezionale e costante di vera cooperazione con un format moderno e omogeneo per supermercati e super fici dedicate al biologico. La predisposizione del piano economico- finanziario, l’analisi di mercato con la valutazione del bacino d’utenza l’affiancamento per le pratiche burocratiche, la formazione del personale e la realizzazione del layout espositivo sono solo alcuni degli ambiti di collaborazione da par te dell’azienda nel momento di inizio di un’attività di franchising.

In arrivo le nuove regole per il biologico

 
Lo scorso marzo la Commissione Europea ha presentato una proposta di Regolamento sulla produzione e sull’etichettatura di prodotti biologici. L’ultimo regolamento sul biologico, su cui si basa l’attuale produzione europea, risale ormai al 2007 e la Commissione ha ritenuto necessario colmare quella che ormai sembra essere una lacuna legislativa. Visto la crescita esponenziale del settore, infatti, è d’obbligo poter assicurare delle regole al passo con i tempi, che siano di garanzia per i produttori, e soprattutto, per i consumatori, che aumentano sensibilmente di numero ogni anno. Questa necessità si presenta completamente in linea con i cambiamenti previsti dalla nuova Politica Agricola Comune per il periodo 2014
2020: 52 miliardi di euro con cui proiettare nel futuro il modello agricolo italiano, evitando gli sprechi e concentrandosi su un’agricoltura più sostenibile. La trattativa sul nuovo regolamento è iniziata lo scorso anno. Dopo una consultazione pubblica, la Commissione ha deciso che la riforma della legislazione sull’agricoltura biologica dovesse ispirarsi ai principi che stanno alla base della sua stessa definizione: «l’agricoltura biologica è un sistema agricolo che cerca di fornire al consumatore prodotti freschi, saporiti e autentici che rispettino il ciclo di vita naturale». La Commissione ha, quindi, presentato un regolamento molto consumer
oriented che prevede meno deroghe, regole di produzione e di etichettatura più semplici e controlli più serrati, in modo da aumentare la fiducia dei consumatori nei confronti del settore. Ciò andrebbe a vantaggio, secondo la Commissione, anche delle stesse aziende biologiche, che da una parte vedrebbero riconosciuto il loro valore aggiunto allontanando il rischio di concorrenza da parte del cosiddetto “biologico commerciale” e dall’altra vedrebbero una diminuzione della burocrazia. Il momento, insomma, è cruciale, come ha riconosciuto lo stesso Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, che in occasione dell'8° Congresso europeo del biologico tenutosi a Bari lo scorso settembre, aveva così commentato lo scenario: "Nei prossimi sette anni il comparto biologico potrà contare su oltre 1,5 miliardi di euro dei Piani di sviluppo rurale della nuova Politica agricola comune. Risorse considerevoli che saranno investite per la crescita di questa esperienza e della sostenibilità del modello agricolo che vogliamo portare avanti. La sfida che abbiamo è portare il tema agricolo oltre gli addetti ai lavori e far capire a tutta l'opinione pubblica l'importanza del settore per il futuro dell'Europa". Ma cosa cambia con la nuova legge? Prendendo ad esempio le regole di produzione, rispetto al regolamento del 2007, la nuova legislazione vieterà – entro il 2017 – la presenza di imprese agricole miste, quindi il divieto di produrre nella stessa azienda sia prodotti bio che non, non ammettendo la presenza di soglie di contaminanti sugli alimenti bio
 residui di fitofarmaci
, eliminando la deroga che consente di alimentare gli animali con mangimi il cui 5% è costituito da materie prime convenzionali e la deroga che consente il ricorso all’uso di sementi convenzionali quando quelle biologiche non siano disponibili, entro il 2021. Queste regole più restrittive sono state accolte in maniera negativa da molti: i detrattori accusano la Commissione di non essersi basati su un’analisi veritiera dell’impatto sul settore del nuovo regolamento, che secondo alcuni causerebbe una diminuzione degli operatori, soprattutto tra le aziende di piccole dimensioni. Aspettiamo insomma di capire come evolverà questa legge, che nella forma attuale è destinata a scuotere il mercato, non solo dei prodotti biologici.