Accedi oppure registrati

News » Tempi di pagamento: una rivoluzione per il trade

Tempi di pagamento: una rivoluzione per il trade

11 January 2013
Photogallery

Tag e categorie

Pensate che per “pagare e morire c’è sempre tempo”? Non sarà più così: il DL 192 e l’art 62 del Decreto Liberalizzazioni portano tutti i pagamenti del commercio a 30 e 60 giorni a partire dal 2013. Una rivoluzione destinata a modificare gli assetti concorrenziali del mercato.


L’1 gennaio 2013 il mondo del commercio è stato travolto da una vera e propria rivoluzione:l’art 62 del Decreto Liberalizzazioni e ilDecreto Legislativo 192 impongono – in modo diverso ma conforme – il pagamento delle transazioni commerciali entro 30 o 60 giorni.
L’art. 62 prevede anche interessi e sanzioni salate per i ritardi di pagamento dei prodotti agroalimentari: non solo piante e fiori, ma anche sementi o malto per la fare la birra in casa. Va detto però che l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dello Sviluppo Economico stanno studiando di ricondurre la materia a una norma generale, per sanzionare tutte le imprese inadempienti in modo simile ed evitare un “doppio binario” tra food e non food.

Le finalità nobili

Per capire come siamo arrivati a questi due provvedimenti legislativi italiani, dobbiamo fare un salto indietro e altrove. L’idea di rendere obbligatorio il pagamento a 30 giorni nelle transazioni commerciali, in nome della tutela della trasparenza del mercato, è iniziata a circolare nel Parlamento Europeo già nella metà degli anni Novanta ed è diventata realtà il 29 giugno 2000 con la Direttiva 35 “relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”. Ma era una Direttiva “spuntata”, poiché non prevedeva sanzioni ma solo un orientamento e perciò non è stata presa in considerazione da molti governi, italiano compreso.
Un orientamento nobile, naturalmente: le eccessive dilazioni di pagamento sono una forma di finanziamento amorale e spesso celano l’arroganza di gruppi di potere. L’Europa pensa a un disegno di politica economica teso a omogeneizzare le condizioni in cui le imprese operano e infatti ha già varato, in questa direzione, una copiosissima normativa sulla libera concorrenza che, per esempio, ha già intaccato gli aiuti di Stato.
In un contesto di normalità, è giusto che questa sia la norma: nel nord Europa molti Paesi pagano già a 30 giorni. Ma nell’Italia del pagare e morire c’è sempre tempo – con una media di pagamento di 120 giorni, agli ultimi posti della classifica della Banca Mondiale per il rispetto dei contratti e con una Pubblica Amministrazione che tira la volata con tempi medi di 180 giorni (ricerca Swg Cna) – è un bell’esame di maturità.
Il nostro governo cerca di attirare gli investimenti stranieri in Italia: chi ci viene con questi tempi di pagamento?
Ma – è bene sottolinearlo – c’è un secondo obiettivo, più politico: attribuire allo Stato la possibilità di verificare se le imprese che hanno il potere commerciale all’interno della filiera, lo esercitano in modo corretto e non anomalo. Non solo chi acquista, ma anche chi vende se è monopolista. Il documento di pronunciazione della Commissione Agricoltura della Camera parla esplicitamente dei pericoli determinati dalla polarizzazione delle centrali d’acquisto.
Uno degli intenti della Direttiva Europea e dell’art 62 del Decreto Liberalizzazioni italiano è anche di ridurre l’influenza dei grandi centri d’acquisto europei che in questi anni hanno determinato un’accentrazione di potere eccessiva. Pochi buyer possono influenzare le dinamiche reddituali di interi settori: ormai i prezzi della GD sono parametri di riferimento per tutto il sistema economico e in alcuni mercati agricoli veicola fino all’80% delle vendite.
L’art 62, in sostanza, introduce il divieto di molte prassi della GD, come i tempi di pagamento lunghi, le scontistiche particolari, i contributi di ingresso nell’esposizione o per i corner e le promozioni.
Lo spirito del legislatore è di gettare nuove regole di gestione delle relazioni commerciali: cioè una rivoluzione.

2000-2012: dodici anni per adeguarci

Alla Direttiva 35 “spuntata” del 29 giugno 2000 è seguita il 16 febbraio 2011 laDirettiva 7che invece ha introdotto le “spine”: cioè l’obbligo al pagamento di interessi di mora per i ritardati pagamenti oltre i 30 giorni. E in particolare i salati interessi legali di mora “a un tasso pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentuali”. La Direttiva 7 (art 13) sostituirà la Direttiva 35, che dal 16 marzo 2013 verrà abrogata.
Queste due Direttive Europee sono state recepite da alcuni Decreti Legislativi, in particolare il DL 192 del 9 novembre 2012 che introduce l’obbligo del pagamento entro 30 giorni per le transazioni commerciali dopo l’1 gennaio 2013. Per ora non sono previste sanzioni ma arriveranno.
Un altro Decreto che va in questa direzione è il DL 1 del 24 gennaio 2012, il cosiddetto Decreto Liberalizzazioni, modificato a marzo con la Legge di Modifica (nr 27 del 24 marzo 2012). In particolare l’art 62 che limita i pagamenti dei prodotti agroalimentari a 30 o 60 giorni.
Un aspetto rivoluzionario è che obbliga anche le Pubbliche Amministrazioni (Stato, scuole, ospedali, ecc.) al rispetto dei tempi di pagamento, pur concedendo una deroga di 30 giorni in più.

Art 62: istruzioni per l’uso

Diciamo subito che la norma è nata male, è già stata corretta dalla Legge di Modifica e il Ministero delle Politiche Agricole ha diffuso il 19 ottobre un Decreto Attuativo che sgombra molti dubbi. Inoltre il Governo ha già dichiarato che la giudica una legge giusta e non modificabile per quanto riguarda gli obiettivi, ma perfezionabile nelle modalità attuative. La stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (detta Antitrust), cui è demandata la competenza per l’accertamento, deve ancora elaborare delle linee guida per l’applicazione di questo decreto.
A prescindere la ciò, vediamo cosa dice l’art 62 e come deve essere interpretato correttamente.
La prima novità introdotta dall’art 62che è già entrato in vigore il 24 ottobre - è l’obbligo di regolare tutte le relazioni commerciali in forma scritta, a eccezione di quelle concluse con il consumatore finale. Il comma 1 in particolare elenca 6 elementi necessari del contratto: “la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento”.
Il Decreto Attuativo del 19 ottobre spiega chiaramente che non è necessario un contratto civilistico, tantomeno la sua registrazione: in una logica di semplificazione, è sufficiente che i 6 elementi siano indicati in quelli che sono i documenti che abitualmente circolano tra le imprese, come le bolle di consegna, lo scambio di comunicazione, il documento di trasporto (Ddt) o la fattura. Sarà sufficiente predisporre negli stampati la scritta standard “questa documentazione assolve gli obblighi dell’art 62”.
La soluzione migliore è adottare un contratto quadro di riferimento, che dimostri che fra due operatori commerciali c’è una relazione commerciale, che indichi i 6 elementi necessari e faccia esplicito riferimento all’art 62: questo contratto potrà indicare che i prezzi e le quantità verranno definite di volta in volta e saranno riportate in fattura e nel Ddt.
In ultima analisi bisogna considerare che la relazione contrattuale fra due operatori commerciali dovrebbe già essere una prassi, in base all’art 1321 del Codice Civile che già indica 4 elementi fondamentali: l’art 62 va semplicemente a integrare 2 nuovi elementi, come i tempi di pagamento e la consegna.
La seconda novità introdotta del primo comma dell’art 62 è che questi “contratti devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti”. Un concetto rafforzato dal secondo comma che elenca delle prassi vietate, come l’imposizione di condizioni d’acquisto ingiustificatamente gravose o retroattive o il conseguimento di indebite prestazioni unilaterali non giustificate dalla natura del contratto. Norme che – come dicevo prima – mirano a ridimensionare il potere contrattuale dei grandi gruppi d’acquisto e della GDO. Una norma non di poco conto, visto che in Italia non avevamo ancora una norma che permettesse di citare in causa che imponeva pratiche commerciali vessatorie facendo leva sulla propria forza commerciale.

I tempi di pagamento

Il terzo e quarto comma obbligano il pagamento entro 30 giorni per i prodotti agricoli deteriorabili ed entro 60 giorni per tutti gli altri.
Il Decreto Attuativo ha meglio spiegato che la durabilità del prodotto (superiore o inferiore ai 60 giorni) “si riferisce alla durata complessiva del prodotto stabilita dal produttore”. Questa precisazione è importante per il nostro settore, poiché l’art 62 cita le piante aromatiche tra i prodotti deperibili. Evidentemente la Legge si riferisce alla piante aromatiche recise e vendute nei supermercati in busta, ma noi sappiamo che le piante aromatiche si possono vendere in vaso e che il robusto rosmarino non è certo un prodotto deperibile.
A proposito dei tempi di pagamento è importante sottolineare che l’art 5 del Decreto Attuativo dice che il conteggio dei 30 e 60 giorni decorre “dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura”. Ciò significa che se ricevo una fattura il 2 febbraio, il conteggio dei 60 giorni parte dal 28 febbraio e quindi la scadenza di pagamento è il 28 aprile e non a fine mese come siamo tutti abituati. Attenzione quindi alle date di scadenza per evitare di incorrere in sanzioni.

Le sanzioni

I commi 5, 6 e 7 dell’art 62 definiscono le ripercussioni economiche per chi non rispetta queste norme.
Chi contravviene al comma 1 (contratto) rischia una sanzione da 516 a 20.000 euro a seconda del valore dei beni oggetto di cessione. Chi contravviene al comma 2 (clausole vessatorie) viene punito con una sanzione da 516 a 3.000 euro. E infine chi contravviene al comma 3 (pagamento in ritardo) va incontro a una sanzione da 500 a 500.000 euro “in funzione del fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi”. Notato niente di strano? Come è possibile che le odiose pratiche vessatorie dei grandi potentati della GDO vengano punite con una multa massima di 3.000 euro, mentre per un semplice insoluto si rischia fino a 500.000 euro? E poi non è un filino eccessiva una sanzione di 500.000 euro?
Secondo indiscrezioni ministeriali si tratta di un errore commesso nella stesura della Legge che, originariamente, prevedeva sanzioni massime per 20.000, 30.000 e 50.000 euro: ma in fase di scrittura la stanchezza (o un malizioso amico della GDO) ha fatto cadere uno zero da 30.000 e 50.000 trasformandoli in 3.000 e 500.000 euro. Non mi stupirei, quindi, se a breve questo orientamento verrà corretto.

Alcune riflessioni finali

Non c’è dubbio che l’obbligo al pagamento delle merci a 30 e 60 giorni è un passo avanti verso un commercio più trasparente e concorrenziale, ma forse non era il 2013 l’anno migliore per l’economia italiana per questo salto di qualità. Dieci anni fa questa norma sarebbe stata un fantastico volano per lo sviluppo, oggi con il sistema bancario che ha smesso di fare il suo lavoro potrebbe portare conseguenze importanti.
É evidente che le aziende agricole che operano con la GDO avranno un effetto finanziario estremamente positivo: la riduzione dei tempi di pagamento nel bilancio genera come effetto immediato la riduzione del fabbisogno finanziario dell’impresa (in termine tecnico il Capitale Circolante Netto). Quindi avrà meno bisogno di finanziamenti e il suo rating bancario migliora moltissimo, dandogli spazio per investimenti o per capacità di credito che prima non aveva. Praticamente il debito bancario si sposta dal bilancio del produttore agricolo a quello della GDO.
E non è un caso che in questi mesi molte catene della GD hanno rimodulato i contratti di fornitura riducendo i margini a favore dei produttori.
Per chi invece lavora pochissimo con la GDO – come avviene nel mondo florovivaistico – i problemi che potrebbero sorgere sono di varia natura: penso per esempio ai produttori che acquistano le giovani piante per coltivarle e portarle a un ciclo produttivo più elevato per poi rivenderle nei canali distributivi (garden, fioristi, ecc.). Spesso questi intermediari hanno goduto di un “finanziamento di filiera”: una stortura tutta italiana, certo, ma che non può essere cancellata con un colpo di spugna senza mettere in cantiere delle situazioni di criticità.
Un altro aspetto negativo è che le sanzioni vanno a finire nelle casse dei Ministeri (comma 9) anziché al mercato. Se immaginiamo un’azienda insolvente con 40.000 fatture all’anno, l’applicazione di sanzioni fino a 500.000 euro rischia di consegnare l’attivo patrimoniale dopo il fallimento ai Ministeri, lasciando i creditori senza alcun ristoro. Forse bisognerebbe correggere la legge precisando che le sanzioni a favore del Ministero non si applicano in questi casi.
Sono infine molte le possibili conseguenze, che oggi è difficile prevedere: per esempio mi sembra evidente il rischio di acquisti di minore entità ma con consegne più frequenti, con conseguente aumento dei prezzi finali a causa della crescita dei costi di trasporto. Così come ci potrebbero essere ripercussioni nelle vendite di prodotti basso-rotanti e/o di prezzo particolarmente elevato.

I riferimenti normativi

DL 192 del 9 novembre 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2012 (nr 267) - Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento.
L’articolo 62 del DL 1 del 24 gennaio 2012 (Decreto liberalizzazioni), convertito in Legge 27 del 24 marzo 2012 - “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.
Decreto 199 del 19 ottobre 2012 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali - Regolamento di attuazione dell'articolo 62 del decreto legge 24 gennaio 2012 n.1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
Direttiva UE 35 del 29 giugno 2000 - Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Direttiva UE 7 del 16 febbraio 2011 - Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Faq: le domande più frequenti
 

Una società di progettazione giardini, che fornisce un servizio che comprende la fornitura delle piante, deve sottostare all’art 62?
É necessario analizzare il contratto: se la componente del prodotto agricolo utilizzato (piante e fiori nel nostro caso) è l’oggetto principale del contratto deve sottostare all’art 62. Se invece la componente principale è la fornitura di un servizio (per quanto preveda l’uso di prodotti agricoli) è esente. Ci vuole un giudizio di merito caso per caso, rapportando il valore del servizio e il valore delle piante utilizzate. Bisogna evitare che il contratto di servizio venga interpretato come una formula elusiva.

Se ho un contratto con un fornitore anteriore all’art 62 ma che prevede consegne di prodotti fino al 2013, come mi comporto?
Il contratto è valido ed è sufficiente comunicare al cliente gli eventuali elementi mancanti in funzione dell’art 62 (per esempio il tempo di pagamento). Se il cliente non si adegua e non accetta le nuove condizioni mette in atto una pratica commerciale sleale.

Se non ho la possibilità di dare una data certa all’arrivo della fattura, posso fare riferimento alla data di consegna, quindi al Ddt?
Se la fattura non ha una data di ricevimento certa, i termini di pagamento decorrono dal Ddt. Le sanzioni ricadono sui clienti e tocca a loro preoccuparsi di determinare in modo certo la data di ricezione delle fatture e di decorrenza dei tempi di pagamento.

Se un mio cliente storico mi paga con 5 giorni di ritardo, sono obbligato a richiedere gli interessi anche se si tratta di pochi euro? Non posso chiudere un occhio?
No, anche per pochi euro siete obbligati ad emettere una nota di credito per richiedere gli interessi di mora e siete obbligati a incassarli. Fate attenzione: se l’Antitrust o la Guardia di Finanzia, durante un controllo, riscontrassero un atteggiamento mirato a dare un vantaggio a un cliente in modo sistematico possono sanzionarlo, come turbativa della concorrenza leale.

Quando devo fare la nota di debito per gli interessi?
Quando il cliente ha pagato. Se il cliente non ha pagato, deve essere emessa entro il 31 dicembre o comunque prima dell’approvazione del bilancio. Il bilancio deve riportare questo credito.

E se il cliente non paga?
Si segue la giustizia ordinaria civile. É chiaro che il giudice terrà conto di nuove voci, cioè le sanzioni e gli interessi previsti nell’art 62, proporzionali alle somme da pagare e alla ripetitività dell’azione.

Se il mio fornitore mi manda una ricevuta bancaria a fine mese, ma i 60 giorni scadono il 28 come mi comporto?
Se la riba ha tempi sbagliati è consigliabile effettuare un bonifico nei tempi previsti dall’art 62. É vero che la responsabilità, in questo caso, è di chi emette la fattura, ma poiché le sanzioni sono a carico vostro è sempre meglio essere in regola.

Gli interessi di mora sono impobibili?
No e non richiedono l’emissione di una fattura. Basta una nota di credito.

Per i pagamenti con assegno o bonifico bancario quale data conta?
La valuta per il bonifico e la data di emissione per l’assegno. Ricordiamo che non si possono emettere assegni non datati o postdatati.

La bolla di accompagnamento è firmata da corriere e non dal cliente: vale lo stesso?
Si. Il Decreto Attuativo (comma 5 art 3) dice che “la superfluità della sottoscrizione può affermarsi solo in presenza di situazioni qualificabili equipollenti all'apposizione della firma, idonee a dimostrare in modo inequivoco la riferibilità del documento scritto ad un determinato soggetto”.

La norma non vale per i consumatori finali, ma se si tratta di imprese?
Se l’impresa usa il prodotto per scopi estranei alla propria attività è un consumatore finale: per esempio una fabbrica di automobili che acquista piante per adornare il giardino aziendale. É il cliente che deve fare un’autodichiarazione di responsabilità e chi vende si deve fidare.

Come mi comporto nella tentata vendita?
L’art 62 si applica alle cessioni di beni, mentre la tentata vendita è un conto commissione o un conto lavorazione. Quindi verrà formalizzato in base all’art 62 soltanto al momento della cessione del prodotto.