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Risparmio energetico: realtà o conto energia?

18 September 2008
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Sotto il nome di risparmio energetico vanno diverse tecniche adatte a ridurre i consumi d’energia necessaria allo svolgimento delle varie attività umane.
Il risparmio può essere ottenuto sia modificando i processi in modo che ci siano meno sprechi sia utilizzando tecnologie in grado di trasformare l’energia da una forma all’altra in modo più efficiente.
Uno degli esempi più comuni è dato dalla sostituzione delle lampadine a incandescenza con quelle fluorescenti che emettono una quantità di energia luminosa diverse volte superiore alle prime a parità di energia consumata.
Anche negli impianti di riscaldamento degli edifici ci sono accorgimenti più o meno semplici per risparmiare energia.
Per i grandi impianti di riscaldamento (e nei garden come nelle serre di produzione gli impianti sono sempre “grandi”) basti pensare ai vantaggi della sostituzione delle caldaie vecchie con caldaie a condensazione (anche a gasolio), o con le pompe di calore.
Un risparmio energetico si può avere anche a livello di produzione di energia elettrica utilizzando sistemi di cogenerazione atti che migliorano i rendimenti dei vari processi, che consistono in tecnologie atte a ottenere simultaneamente energia elettrica e calore; oppure si utilizzano in “cascata” gli stessi flussi energetici a crescenti entropie per utenze differenziate o, infine, si possono effettuare forme di recupero energetico a circuito chiuso.
Utilizzare energia elettrica per produrre calore rappresenta uno spreco dal punto di vista termodinamico perché si trasforma un’energia nobile in calore, che è un’energia di seconda specie. In base ai primi due principi della termodinamica, l’energia meccanica-elettrica può essere interamente convertita in calore, mentre il calore può essere riconvertito solo in parte in energia.
Un secondo motivo di spreco deriva dal fatto che molte forme di energia (termoelettrica e geotermoelettrica, nucleare, solare) generano calore per produrre energia, che nuovamente viene utilizzata per il riscaldamento elettrico: a ogni passaggio c’è un aumento di entropia e una perdita di rendimento termodinamico.

Energie rinnovabili


Abbandoniamo il linguaggio tecnico per dire che “risparmio energetico” è una definizione che stabilisce una lunga filiera di interventi, non sempre tecnicamente fattibili o “economici” stando alle regole della moderna economia secondo cui “non sempre ciò che va bene è ciò che conviene”.
In questo articolo ci soffermeremo sulle energie rinnovabili e cioè su quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono “esauribili” nella scala dei tempi “umani” e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.
Mentre da un punto di vista prettamente scientifico tale definizione non è rigorosa, in quanto in base ai postulati necessari per definire il primo principio della termodinamica (per cui nulla si crea o si distrugge) tutte le forme di energia sarebbero da considerarsi rinnovabili, da un punto di vista sociale si crea la distinzione, in uso oggi, fra fonti di energia rinnovabili (il sole, il vento, ecc.) - il cui utilizzo attuale non ne pregiudica la disponibilità nel futuro - e quelle non rinnovabili - limitate nel futuro.
Rientrerebbero in questo campo dunque: energia idroelettrica, energia mareomotrice (o delle maree), energia del moto ondoso, energia talassotermica (che sfrutta le differenti temperature alle varie profondità marine), energia geotermica, solare termico e termodinamico, solare fotovoltaico, energia eolica, energia da biomasse, biocarburanti, gassificazione, oli vegetali, cippato, termovalorizzazione, combustibile derivato dai rifiuti (o CDR), dissociazione molecolare (pirolisi dei rifiluti).
Ovviamente solo alcune di queste forme di energie rinnovabili sono implementabili in applicazioni di uso corrente a livello privato e industriale, o meglio ci sono applicazioni dove solamente grandi forze investitrici possono intervenire ad acquistare le tecnologie necessarie: è questo il caso dello sfruttamento delle biomasse per gassificazione, del solare termodinamico, oppure vi sono fonti rinnovabili ancora “incerte” per scarsità di reperimento o di fruibilità che non sempre le rendono realmente e costantemente applicabili, e ciò vale per le biomasse in generale.

Dove intervenire


Restano alcuni interventi alla portata del normale garden center:
  • in tema di risparmi energetici del combustibile di riscaldamento si può puntare sull’energia geotermica, anche e soprattutto a bassa entalpia, ovvero da fluidi abbondanti ma non “molto caldi” come aria e acqua di falda;

  • in tema di elettricità si può puntare sulla generazione di energia con impianti fotovoltaici. Si tratta di impianti non ancora di frequentissima applicazione in Italia ma tecnicamente molto maturi e affidabili e che stanno vivendo in questo periodo l’avvento dell’attesissimo “conto energia”.

Finalmente anche in Italia è stato applicato con successo questo stupefacente virtuosismo economico che trasforma la generazione di energia elettrica dal sole in un business per privati e imprese.

Il conto energia


Per meglio spiegarne il meccanismo riportiamo un semplice schema di domande e risposte tratto dal sito [eurl]www.lifegate.it[=url]www.lifegate.it[/url])
D: Di cosa si tratta?
R: Si chiama “conto energia”. Produci energia, si conta, e te la si paga.
D: Cos’è?
R: É il sistema disegnato dal decreto del Ministero delle attività produttive e dell’ambiente il 5 agosto 2005 sulla G.u. 181. Garantisce 45 cent, quasi 1.000 lire, per ogni chilowattora dí elettricità che produrrai col tuo nuovo impianto fotovoltaico, da qui a vent’anni. In pratica, con un impianto piccolo (1kWp), si guadagnano 1.000 euro l’anno, fissi, garantiti.
D: Come?
R: Il decreto prevede incentivi in “conto energia”. Si presenta una domanda e si installa il sistema fotovoltaico sul proprio tetto. Non ci si stacca dalla rete elettrica, anzi, il sistema è connesso: di giorno vendiamo l’energia alla rete (guadagnando 45 cent per kwh), magari di notte ne useremo un po’.
D: Come si fa a capire quanto consumo in un anno?
R: Il consumo lo puoi desumere dalle bollette. Un kWh costa circa 20 cent (dipende da fornitore e orari). Chi paga oggi 40 euro a bimestre, per esempio, in un anno consuma circa 900 kWh.

D: Di che potenza ho bisogno? Quanto deve essere grande un impianto?
R: Una bolletta bimestrale di 40 euro sarà coperta (e pressoché annullata) da un impianto di 1 kWp (8 mq), che in un anno genera da 1.100 (al nord) a 1.600 kWh (al sud). All’incirca una bolletta da 55 euro si copre con un impianto da 1.5 kWp (12 mq di pannello), una bolletta da 75 euro con un impianto da 2 kWp (16 mq).
Per i meccanismi di questo “conto energia”, la convenienza maggiore si verifica quando la produzione del solare è minore o uguale al consumo annuale dell’utenza.

D: Quanto conviene?
R: Secondo Enerpoint, a seconda che si opti per detrazioni Irpef, altri finanziamenti, si rientra in 7/9 anni. Alcuni dicono in 5 anni. Dopo di che è tutto guadagno.

D: É un buon investimento?
R: Noi offriamo qui, ora, un’altra chiave di lettura. Con un impianto da 10.000 euro, si guadagnano, fissi, certi, garantiti, 1.000 euro all’anno. Per vent’anni. Il 10% annuo. Quale banca, quale fondo d’investimento anche tra quelli più estremi e temerari, offre un simile interesse?

D: E se hai un contatore da 3 o più kW?
R: Quasi tutti ce l’hanno, ma non significa che ci sia bisogno di un sistema solare da 3 kWp (da 23 mq). I kW del contatore non hanno niente a che vedere coi kWp (chilowatt di picco) del fotovoltaico. 3 kW del contatore sono la potenza massima che può assorbire la rete (oltre cui salta la luce in casa). I kWp del fotovoltaico sono un’altra cosa, è la potenza massima che può dare l’impianto in condizioni ottimali dí irraggiamento solare.

D: Dove li posso mettere?
R: L’ideale è sul tetto, esposti verso sud. Il valore di un immobile con il fotovoltaico aumenta dal 6 al 10%. Comunque sono incentivati anche gli impianti a terra, per cui se uno ha un terreno...

D: A chi mi rivolgo?
R: Naturalmente ad aziende serie in grado di fornire il servizio completo dalla domanda al gse, dalla progettazione alla realizzazione in opera sino alle asseverazioni e ai collegamenti finali.

In effetti a oggi non sono ancora molte le serre e i garden dotati di questi impianti ma vogliamo sottolineare la virtuosità del meccanismo che ha fissato la remunerazione a venti anni e costruito un sistema nel quale il rientro economico è inferiore alla metà della vita del contratto o ancora, in parole povere, per almeno dieci anni si guadagnano soldi senza fare nulla (un impianto da 16 Kwp a Brescia costa ca.100.000 euro e fa guadagnare mediamente ca.11.000 euro all’anno per venti anni).
Un ultimo cenno va al sistema creditizio che, come al solito, si sta svegliando in ritardo (a eccezione di un paio di banche illuminate) ma che sicuramente dovrà allinearsi poiché è già stato fatto in altri paesi.
In effetti questi istituiti illuminati hanno già a disposizione prodotti finanziari dedicati dove non sono necessarie garanzie o fideiussioni in grado di sovvenzionare le applicazioni fotovoltaiche e gli impianti annessi come pompe di calore o utenze legate alla copertura del monte energetico prodotto annualmente dal fotovoltaico.
L’applicazione delle fonti rinnovabili ci porta dunque a pensare che una volta tanto “quello che è conveniente è anche la cosa giusta da fare”.