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Il micromarketing nel punto vendita del futuro

15 December 2007

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Troppo spesso si pensa al marketing in maniera non corretta, banalizzando le sue tecniche e funzionalità, o, al contrario, pensando che solo aziende di grandi dimensioni con a disposizione ingenti mezzi finanziari, personali e di know how possano impiegare al meglio le indicazioni di tale disciplina. In realtà il marketing è innanzitutto un insieme di metodologie di analisi e di approccio al mercato che sono indipendenti dalla dimensione della specifica azienda, le conoscenze in tal senso sono facilmente acquisibili ed utilizzabili da chiunque.
Vediamo allora in che misura è possibile definire il concetto di micromarketing applicato nello specifico mondo della distribuzione organizzata nel settore del bricolage.
“Micro” non vuole, evidentemente, sminuire quanto si intende realizzare, ma semplicemente il fatto che ci si sta riferendo ad un contesto competitivo di limitate dimensioni, dove anche un singolo punto vendita può attuare azioni autonome per migliorare le sue performance commerciali. Tipicamente i contesti più adatti all'utilizzo del micromarketing sono quelli caratterizzati da elevata polverizzazione geografica ed eterogeneità delle caratteristiche e dei comportamenti della clientela e spesso anche della concorrenza e dalla gestione di una rete di punti vendita per raggiungere il mercato finale. Insomma, gli ambiti che caratterizzano le realtà commerciali della grande distribuzione e dei prodotti di largo consumo e nel caso specifico del settore del fai da te assume una maggiore rilevanza per i motivi che vedremo a breve.
Attraverso il micromarketing è possibile migliorare operativamente l'efficienza e l'efficacia di diverse azioni commerciali, ad esempio, promozioni, presentazione prodotti, composizione e invio di cataloghi, verifica delle iniziative promozionali, up selling e cross selling ecc. A seconda delle caratteristiche e delle esigenze espresse dalla clientela è, inoltre, possibile offrire la configurazione di prodotto che ha garantito la maggiore soddisfazione a clienti con profili simili; oppure, per quanto riguarda la comunicazione, è possibile provvedere alla distribuzione di coupon e cataloghi (o volantini) a seconda dei prodotti usualmente acquistati o solo entro il bacino di mercato di un dato punto vendita, così come effettuare mailing solo a clienti con una probabilità di risposta positiva elevata in funzione del loro profilo.

CRM e geomarketing a supporto del micromarketing


L’approccio del micromarketing è relativamente semplice: l’analisi puntuale del bacino di riferimento del singolo punto vendita determina un flusso continuo di informazioni che devono essere raccolte, interpretate ed utilizzate per valutare quali azioni correttive o integrative (rispetto a quelle di carattere nazionale intraprese dall’insegna di appartenenza) devono essere svolte per migliorare il livello complessivo della propria offerta.
CRM (Customer Relationship Management) e geomarketing impiegati a livello locale producono normalmente migliori risultati rispetto ad un approccio “centrale”, poiché la maggiore vicinanza con il mercato di riferimento fa capire meglio e prima se le informazioni raccolte sono coerenti e corrette e quindi diventa più facile adottare eventuali azioni correttive. per contro è più difficile far comprendere a livello locale l’importanza di dotarsi (e utilizzare) strumenti di analisi strutturati e puntuali. L’obiezione tipica è, infatti: “ma come, vuole che IO che sono qui da 10 anni non conosco i clienti della mia zona?” Alla prova dei fatti è solo misurando un fenomeno che si riesce a comprenderlo a pieno. Coloro che accettano di provare a confrontarsi con strumenti di analisi (di marketing, quello vero) poi si ricredono e anzi sono i primi a mettere a disposizione dell’esperto di marketing la loro esperienza.
Attraverso il CRM si riescono ad individuare i micro segmenti che compongono il bacino di utenza e valutare azioni ad hoc. Ad esempio ci potremmo chiedere: esistono appassionati di giardinaggio e di orticultura? Che caratteristiche hanno? Cosa coltivano dove?
Una volta in possesso di queste risposte è relativamente facile sviluppare comunicazioni e proposte integrate, per offrire in modo coerente attrezzi per il giardinaggio e l’irrigazione sapendo che un orto di Bolzano avrà caratteristiche ben diverse da quello di Palermo e che nelle grandi città potremo avere professionisti affermati disposti e disponibili ad investire cifre significative per trasformare i loro terrazzi in giardini pensili o pensionati preoccupati di non far seccare i loro quattro vasi di gerani.
Una volta che ci si è resi conto del valore delle informazioni relative ai propri clienti, si potranno realizzare progetti che avranno come scopo principale proprio quello di profilare la clientela, magari attivando un concorso a premi con tanto di cartolina di partecipazione che si trasforma in un potente strumento di acquisizione di informazioni.
Spesso bastano poche domande ben strutturate per avere un’idea sufficientemente precisa per attivare azioni di micromarketing mirate.
Un altro strumento che spesso si sottovaluta a livello locale è il geomarketing, ovvero la possibilità di riportare le informazioni del proprio mercato di riferimento su un software cartografico che permette di visualizzare su una cartina le informazioni disponibili. In questo modo, insieme agli strumenti tipici del CRM, si semplifica la parte di analisi dei dati e si possono attuare azioni mirate per interessare aree specifiche del proprio territorio di riferimento.
È bene ricordare che per il 60% della clientela il fattore vicinanza/comodità è più importante di qualsiasi programma di incentivazione o fidelizzazione (fonte: Osservatorio Findomestic). In altri termini questo significa che una volta che il punto vendita è stato inaugurato, deve poter contare sulla zona in cui è stato aperto e quindi massimizzare i ritorni commerciali.

I rapporti con la casa madre


Il micromarketing non deve però essere inteso come un surrogato o un sostituto del marketing realizzato a livello centrale: le economie di scala giocano un ruolo troppo importante per non sfruttarle al meglio. Da qui, piuttosto, la necessità di mettere a punto strumenti di analisi e di gestione a livello centrale che poi saranno implementati e utilizzati a livello locale.
Nel mondo del bricolage è, inoltre, molto diffuso il franchising, che offre interessanti vantaggi sia al franchisor (il gestore dell’insegna) sia al singolo franchisee (il responsabile del punto vendita). Anche in questo caso si potrebbe pensare che negli accordi di partnership ci siano anche strumenti di micromarketing a beneficio di entrambe le parti. L’autonomia gestionale del titolare del singolo punto vendita verrebbe così valorizzata e inserita in un contesto di più ampio respiro.
Un approccio a rete di questo tipo rende possibile anche la circolazione delle idee vincenti tra i singoli componenti della rete distributiva e quindi beneficiare delle esperienze positive condotte in contesti analoghi anche se diversi.
La gestione delle informazioni si deve tradurre in gestione della conoscenza, il vero patrimonio in grado di fare la differenza tra un’azienda di successo e una che non è in grado di adeguare la propria offerta alle mutate esigenze del mercato.

Trasformare il consumatore in promoter


Il 60% fra chi svolge attività di bricolage (secondo una ricerca svolta da Ispo, Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione di Renato Mannheimer e commissionata da ExpoCts), è d’accordo nel ritenere che ormai non si tratta più solo “dell’hobby di pochi esperti, ma di una passione che coinvolge sempre più la gente”: in pratica c’è un popolo di ‘bricolatori’ vasto, eterogeneo e tendenzialmente in espansione, che si occupa di bricolage non solo per necessità o per risparmiare, ma anche per piacere e per passione. Negli ultimi anni questa pratica ha manifestato uno sviluppo significativo anche grazie all’apertura di nuovi centri della distribuzione moderna, dove gli italiani hanno trovato un ambiente e gli stimoli che spesso i negozi tradizionali (ferramenta, colorifici, utensilerie ecc.) non riuscivano a offrire loro. Considerando il trend positivo del mercato italiano e soprattutto l’orientamento a considerare il bricolage un’attività creativa e di tendenza, si può dunque prevedere un futuro interessante con conseguente crescita delle opportunità.
È nella natura di chi si occupa di bricolage di condividere con altri le esperienze legate ai lavori svolti, con modalità che vanno spesso nella direzione dell’ostentazione di quanto realizzato, ma sovente con finalità di confronto sulle soluzioni tecniche impiegate. Il punto vendita potrebbe diventare il catalizzatore della community, agevolando confronti e scambio di esperienze sia a distanza sul sito internet sia in presenza con mostre, esposizioni di lavori, corsi e seminari tecnici.
Il coinvolgimento dei produttori di utensili e di materiali di consumo potrebbe avere il duplice effetto di migliorare la visibilità e la rilevanza delle iniziative e allo stesso tempo di ridurre il costo di queste iniziative a vantaggio di tutti.
Il singolo bricoleur potrebbe essere visto non solo come consumatore e come cliente, ma come “promoter” nei confronti delle altre persone, che potrebbero essere anch’esse interessate ad approfondire le conoscenze e le competenze nel settore del fai da te.


*: Giovanni Covassi è docente di marketing e di web marketing presso l’Università Cattolica di Milano. Svolge attività di formazione e di consulenza nell’ambito dell’applicazione delle tecnologie dell’informazione al marketing. Nel (poco) tempo libero si dedica con passione ad attività di bricolage.