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Esiste un pericolo grande distribuzione?

01 April 2008
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La moderna distribuzione alimentare rappresenta un’alternativa al canale specializzato o si tratta di un fenomeno a sé stante?
Se è competitiva quali sono le leve vincenti per chi è specialista?


Alcuni anni or sono una rivista specializzata nelle moderna distribuzione alimentare dedicò uno speciale all’ipermercato intitolandolo: “l’ipermercato contro tutti”.
Il canale della moderna distribuzione alimentare è veramente un fenomeno tale da fagocitare ogni potenziale competitor fatta eccezione per le nicchie? O piuttosto esistono una serie di condizioni che salvaguardano i canali specializzati?

Il fenomeno numerico


Prendendo in esame i dati ACNielsen, relativi solo al formato iper (quello di maggiore attrattiva e multimerceologico), i dati quantitativi del nostro mercato, sono i seguenti: in Italia erano presenti nel 2006, secondo il database fornito, 632 ipermercati (+18% sul 2003) con una dimensione compresa fra i 2.500 mq e i quasi 10.000 mq di qualche piastra.
I punti vendita al di sotto dei 4.900 mq sono 373 (+20% sul 2003) mentre quelli che superano i 4.900 mq sono 257 (+12% sul 2003). L’analisi non prende in esame tutti gli altri punti vendita ripartiti fra superstore e supermercati che hanno una dimensione inferiore ai 2.500 mq ma che in qualche caso vendono comunque prodotti per il verde.
Le insegne sono circa 74 e sono raggruppate in 9 centrali d’acquisto. La centrale più grande è Intermedia 1990 composta dalle insegne Auchan, Bennet, Cityper, Panorama e altre che complessivamente gestisce oltre 920.000 mq di superficie ripartita in 167 punti vendita. Al secondo posto c’è Centrale Coop (Coop, Despar, Ipersidis, ecc.) con 738.000 mq di vendita, seguita da Centrale Carrefour con 620.000 mq di vendita.
La produttività minima (i ricavi per mq) è mediamente almeno 8/9 volte superiore a quella di un garden efficiente e il margine operativo è pari circa alla metà di quello di un garden: 20/21% contro 40/43%.
Ricordiamo che un buon garden italiano, come ne esiste qualcuno, di circa 4.000 mq coperti, può arrivare a sfiorare i 6 milioni di euro di ricavi. Il più grande ipermercato d’Italia, tanto per fare un confronto, supera i 200 milioni di euro complessivi.
I numeri dicono poco se non che, per tutte le gamme trattate, un ipermercato è in grado di generare un elevato volume di vendite che non riguardano più solamente i fabbisogni di base ma che si estende ormai stabilmente verso il presidio di tutto ciò che potrebbe avere una domanda.

Le leve dello specializzato


Ma per quale ragione un consumatore appassionato di giardino dovrebbe rivolgersi all’ipermercato? Ha ancora senso parlare di esclusività di marchio e prodotto come fattore strategico per la differenziazione? La salvaguardia dei canali specialisti deve coinvolgere obbligatoriamente anche i fornitori?
Per comprendere il fenomeno è necessario partire dal consumatore e da una sua corretta segmentazione per valutare se in base alle modalità d’acquisto dei singoli segmenti di consumo esistono condizioni di sovrapposizione e quindi di competizione.
In estrema sintesi la situazione è la seguente:
  • lo specializzato si rivolge a un appassionato oppure a chi ama i punti vendita esperienziali, emozionali, sensoriali;

  • chi non conosce i prodotti e necessita di consulenza va dallo specializzato. Chi invece conosce e s’informa autonomamente, va dove costa meno e dove è più facile acquistare: cioè all’iper;

  • la vendita di prodotti banali avviene ovunque mentre la specializzazione avvantaggia chi fa consulenza. La profondità di gamma è essenziale per lo specialista. Il garden in questo senso sta dando una mano importante agli ipermercati sbagliando il posizionamento di gamma;

  • nel tempo un consumatore apprende, diventa autonomo anche dove prima non lo era e va ad acquistare nei canali che massimizzano il rapporto qualità/prezzo. E non sono gli specialisti;

  • un consumatore appassionato, non avendo un vantaggio di relazione, acquista dove è più comodo e domani acquisterà all’iper ciò che oggi compra dallo specializzato;

  • lo specializzato deve elevare il valore di gamma evitando marchi poco allineati e poco confacenti con la sua vocazione;

  • si deve mantenere elevata la relazione con il cliente, lavorando sulla qualità dell’area di vendita, sul servizio e sul post vendita, evitando in assoluto strategie price based (basate sul prezzo) anche perchè non darebbero un margine adeguato.


I ruoli nel mercato


Se l’assortimento è l’insieme dei prodotti che l’impresa offre al mercato, il posizionamento di quest’ultimo deve rispondere alle logiche di canale e formato.
L’ampiezza e la profondità dell’assortimento delineano l’impostazione strategica che l’imprenditore vuole dare all’impresa commerciale. Lo specializzato, in seno alla distribuzione dei prodotti per il giardinaggio, è tale se presenta una gamma segmentata su più livelli con un discreto numero di referenze per ogni livello. E poiché considerando le diverse famiglie merceologiche dovrebbe essere altrettanto bravo nella piante come nel decor, nell’irrigazione come nella cura delle piante, diventa plurispecializzato. Cosa per altro non sempre vera.
L’ipermercato dovrebbe essere un generalista, un despecializzato. Senza entrare nel dettaglio, un ipermercato fa attrattiva, deve fare traffico e non fidelizzare.
Sebbene esistano garden che fanno anche traffico, pesandone le dinamiche all’interno dello specifico canale nell’equilibrio generale del mercato, un garden deve invece fare innanzitutto fedeltà.
Relativamente alle gamme possiamo dare alle singole referenze e famiglie merceologiche una sorta di codifica costruita sulle loro caratteristiche di mercato. Esistono dunque referenze che generano traffico a elevata rotazione e che danno liquidità ma non sempre anche margine e altre che fanno margine. Alcune che specializzano e altre che elevano l’immagine di qualità e la specializzazione tecnica del negozio.
Una stessa referenza, rispetto al suo ruolo di marketing, assume una funzione differente in relazione al canale in cui viene collocata e nello specializzato ogni prodotto dovrebbe prioritariamente rappresentare qualità, gamma e quindi anche specializzazione, senza trascurare il margine. Almeno non completamente.
Per ragioni di natura economica, spesso abbassare il prezzo non stimola che pochi e marginali incrementi di prodotti complementari. La scommessa di chi vuole “vendere prezzo” su una referenza per stimolare il sell out di prodotti complementari è vana, poiché esistono categorie di consumo orientate all’acquisto delle sole promo.

Il ruolo del fornitore


Un iper ha un grandissimo potenziale e il sell out che riesce a garantire è straordinario, e molte aziende del nostro settore stanno seriamente pensando che rimanere “fuori dal giro” potrebbe essere eccessivamente penalizzante.
Un iper propone le referenze “centrali” (quelle ad acquisto più ricorrente), le mette nel posto migliore e nel momento migliore e risponde pienamente alle esigenze di un segmento di consumatori che ha esigenze di acquisti prettamente funzionali e senza alcuna particolare passione, ma che necessita comunque di qualche prodotto “verde”. Oggi la strategia si espande, la gamma si amplia e per qualche famiglia è persino profonda. Il consumatore medio trova ormai buona soddisfazione dalle gamme offerte dalla GD/GDO.
Se manca la cultura di prodotto, se non si vende specializzazione, se si vende prezzo banalizzando i prodotti, questa tendenza non può che espandersi. Il garden, agendo sul prezzo, abbandonando le gamme e garantendo poco servizio, rischia di perdere le leve fondamentali su cui può differenziare il valore del proprio formato e la propria identità.
Il consumatore che non sa distinguere l’offerta acquista dove si trova.
Per un’azienda industriale diventa difficile rinunciare all’opportunità di proporre poche referenze, semplificando quindi anche i processi logistici, amministrativi e commerciali, garantendosi un elevato fatturato e una marginalità adeguata.
Se è pur vero che ogni formato, all’interno del proprio canale, deve avere il giusto “traffico”, il giusto margine e rotazioni corrette, il garden deve innanzitutto non perdere di vista il suo ruolo di “negozio delle passioni”, della specializzazione delle emozioni, dell’acquisto ludico e della professionalità.
Ciò che fa la differenza è la relazione e la modalità di vendita: il valore non sta nel solo prodotto o nel marchio.
Relazioni orientate al largo consumo sono, in proiezione, perdenti per lo specializzato: oggi il fenomeno non è ancora evidente, non si vede, ma quando emergerà potrebbe essere troppo tardi.