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Andrea Favati: 20 anni per il fai da te

15 December 2007
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Quando nel 1984 Andrea Favati e Armando Gardino si accingevano ad inaugurare i primi punti vendita Self, il nostro mercato era veramente agli albori. Benché all’estero i centri bricolage fossero già una realtà interessante, in Italia i dubbi erano molti: riusciremo a trasferire il know how internazionale nel nostro Paese? Il consumatore capirà? Nascerà anche in Italia la passione per il fai da te?
Personalmente conosco da allora Andrea Favati e in tutti questi anni ci siamo spesso confrontati per analizzare tutti i cambiamenti che via via hanno caratterizzato il mercato italiano del bricolage e ho sempre apprezzato la sua visione trasparente e lungimirante del nostro settore. Oggi, alla vigilia del suo ritiro previsto per il 31 dicembre prossimo, ci ha consesso la sua ultima intervista, per tracciare un bilancio di questi venti anni di lavoro.

Vent’anni di crescita


MondoPratico: Non le chiedo come è cambiato il mercato in questi ultimi vent’anni perché potremmo scrivere un libro. Ma cosa ricorda di più del 1984?
Andrea Favati: Vent’anni fa il problema fondamentale era decodificare cosa era il negozio di fai da te perchè nessuno sapeva cosa fossero. L’altro elemento era convincere i consumatori che erano in grado di fare bricolage e che non è poi così difficile cambiare un flessibile o tinteggiare dei muri. Dovevamo infondere sicurezza e fiducia.
Allora il fai da te era in embrione, c’era una necessità ma non c’era un mercato. Oggi a distanza di 25 anni è il quarto settore non food e vale 10 miliardi di euro. Mi sembra che qualche risultato lo abbiamo raggiunto.

MondoPratico: Avevate anche a che fare con un mondo produttivo poco collaborativo…
Andrea Favati: Puoi dirlo forte. Il codice a barre era una cosa sconosciuta e i nostri addetti dovevano codificare quasi tutti i prodotti, la richiesta di centri assistenza lasciava i nostri interlocutori basiti e i tempi di consegna, il servizio e la didattica erano tutti da fare.

MondoPratico: Anche i consumatori ci guardano con meno diffidenza…
Andrea Favati: Mi ricordo che negli anni Ottanta chi faceva fai da te si vergognava a dirlo. Ora è diventato una consuetudine.
Oggi l’obiettivo delle catene non è più quello di creare il mercato ma di rispondere alle esigenze della clientela meglio dei concorrenti. Esigenze che diventano sempre più complesse e di dimensioni sempre maggiori perché è cambiato l’approccio: il bastone tenda non è più un semplice supporto, ma è una “struttura che arreda”. Se prima i bastoni si potevano racchiudere in 5 metri, oggi ce ne vogliono 30: legno, ferro, metallo, acciaio, satinato, colorato, bambino, una ventina di finali, ecc.
Si tratta di rispondere in termini di assortimento, di offerta e quindi di spazi: ecco perchè tutti cerchiamo di fare dei centri sempre più grandi. Perchè è il cliente che lo chiede.

MondoPratico: A proposito di dimensioni, quali sono i format migliori per il mercato italiano?
Andrea Favati: Anzitutto i “fai da te di quartiere”, di cui si vedono dei timidi accenni, ma che devono ancora trovare una loro dimensione. Centri inferiori ai 1.500 mq concentrati su articoli di consumo e decorazione, con il plus di una forte umanizzazione nel rapporto con i clienti e una specifica tendenza la servizio. Poi i negozi di medie dimensioni (2.500-3.500 mq), nei quali sarà necessario fare scelte di minimo standard espositivo, unite alla scelta di caratterizzare questi centri con la presenza di alcuni bastioni merceologici, cioè di reparti significatamene ampi e profondi, nei quali l’unità vorrà essere riconosciuta come punto di riferimento.

Tra casa e brico


MondoPratico: Negli anni Ottanta c’è stato forse l’errore di partire rivolgendosi alla clientela maschile, con centri hard poco attraenti per le donne, che invece si sono rivelate un’utenza importante?
Andrea Favati: Forse non c’è stata una grande attenzione alle donne all’inizio, ma i centri fai da te devono comunque mantenere un taglio tecnico. Noi teniamo ancora molto a esporre gli elettroutensili all’ingresso: che naturalmente devo essere affiancati con elementi di decorazione, come il tessile o il decoupage.

MondoPratico: Self è stata forse la prima catena a puntare sulla decorazione, sulla casa e sull’utenza femminile, al punto che negli anni Ottanta vi accusavano di essere dei “mercatoni” e non dei centri brico. Il tempo vi ha dato ragione?
Andrea Favati: Direi proprio di si. Siamo stati i primi a inserire nell’assortimento i lampadari, i mobili da bagno e le scarpiere. Così come siamo stati i primi dividere coerentemente il nostro lay out per connotare i contenuti tecnici e quelli decorativi.
Vent’anni fa certi aspetti della decorazione erano inseriti all’interno dei reparti tecnici: noi abbiamo diviso i lampadari dalle lampadine e l’idraulica dal “mondo bagno” nel quale proporre gli arredi e le cabine doccia.

MondoPratico: Come è nata questa esigenza?
Andrea Favati: Tutto nasce dalle diverse necessità espositive e di ambientazione. Nella parte tecnica dobbiamo comunicare la didattica, la segmentazione dell’offerta e le prestazioni tecniche. Mentre nell’arredamento è importante l’impatto estetico. Bisogna emozionare il cliente.

MondoPratico: C’è stato però forse uno spostamento eccessivo dal brico verso la casa?
Andrea Favati: Non direi. Il brico secondo me deve affrontare i problemi della famiglia che cresce. Perchè le esigenze delle famiglie cambiano con il passare del tempo: prima si acquista la casa, poi nascono i figli, poi vanno a scuola e hanno bisogno del mobile portacomputer e della libreria e poi si invecchia ed è utile avere tutta una serie di ausili, per sedersi nella cabina doccia, per camminare meglio in casa, ecc.
I centri bricolage devono vendere tutto quello che serve per accrescere e migliorare la qualità della vita all’interno della casa.

MondoPratico: Sbaglio se dico che in Germania e nel nord Europa il brico ha una connotazione più hobbistica, più creativa, con più lavorazione del legno e più edilizia?
Andrea Favati: Non sbagli. Ma anche i brico tedeschi e francesi trattano molti prodotti per la casa.

MondoPratico: Nei centri bricolage italiani ho visto dei tappeti persiani. Sono un prodotto brico?
Andrea Favati: Forse il tappeto persiano è un po’ forzato. Ma anche molti fai da te esteri sono andati in questa direzione. Le ultime aperture di Mr Bricolage in Francia hanno ampi spazi dedicati alle carte da parati, alle tende e all’arredamento. Anche in Inghilterra lavorano su tre mondi: il giardinaggio con la serra, il fai da te hard e la decorazione.
Poi non ci sono dubbi che l’italiana sia meno disposto a fare il fai da te rispetto ai nord europei. Ma là fa freddo tutto l’anno e non c’è l’abitudine di andare al mare, in montagna o di uscire con gli amici. La vita è meno socializzante rispetto all’Italia.
Ma le cose stanno migliorando: secondo le nostre statistiche il 50% dei nostri clienti lo fa per piacere personale. E questo è un grandissimo risultato. Il 45% dei nostri consumatori frequenta abitualmente i centri Self, con una frequenza di 2-3 visite al mese. Un altro 20% viene almeno una visita al mese.
Le donne rappresentano un terzo dei nostri clienti, ma sono protagoniste nel definire il 50% del valore degli acquisti.

Rotazione o ampiezza di gamma?


MondoPratico: Sembra che le insegne italiane siano più attente alle rotazioni e meno alla completezza dell’assortimento. C’è poca disponibilità a dedicare spazi a prodotti innovativi, che ruotano poco, ma che sono pertinenti alla casa. Volendo fare un esempio attuale possiamo citare i pannelli solari. Mentre all’estero c’è più attenzione alla specializzazione dell’assortimento. Cosa ne pensa?
Andrea Favati: Un’azienda non ha un solo parametro in cui definisce la sua capacità di redditività. Io, che sono 40 anni che faccio commercio, sono molto più sensibile a un assortimento ampio e profondo: essendo specialisti dobbiamo trattare anche i prodotti “estremi”, come la lampadina contro gli insetti o la lampadina per il microonde. Io ho sempre lavorato alla costruzione di un assortimento: sappiamo che alcuni prodotti ruotano poco ma la completezza dell’assortimento è la nostra difesa dagli ipermercati.
Poi è evidente che c’è un aspetto finanziario che non può essere trascurato e dobbiamo essere sensibili anche ad altri elementi, come il rendimento al mq e la rotazione.
Ma forse questa differenza tra centri italiani e centri esteri valeva una decina di anni fa: oggi l’inflazione molto bassa e il costo del denaro contenuto hanno diminuito la criticità della rotazione e delle vendite al mq. Ma quando i tassi erano al 16% era molto importanti. Negli anni Ottanta certe profondità di gamma dei centri fai da te europei nascevano da una bassa inflazione e da un basso costo del denaro: allora in Italia c’erano dei costi enormi e un 16% su un miliardo di vecchie lire di investimento valeva 160 milioni, non i 40 di oggi.

MondoPratico: Un altro errore commesso negli anni Ottanta è stato quello di promuovere il bricolage come un “modo” per risparmiare e non come un’hobby autogratificante. Se puntiamo sull’economia non avremo mai dei consumatori “desiderosi” di investire. Non è d’accordo?
Andrea Favati: Forse era un errore se analizziamo il consumatore di oggi, ma allora era pertinente. Abbiamo comunicato valori semplici, che avessero una presa diretta sui consumatori. Dobbiamo ricordare che allora, come ho già detto, la gente si vergognava di dire che faceva fai da te perché sembrava che non avessero i soldi per gli artigiani. Non era chic dire “l’ho fatto io”. Paradossalmente il bricolage era più di moda nelle classi medio-alte, che non dovendo dimostrare benessere trovavano soddisfazione dall’hobby.
Ma comunicare a un operaio della Fiat che passava le giornate con la chiave inglese in mano che “è bello” cambiare il rubinetto di casa, non era facile. Inoltre allora mancavano gli elementi di decorazione che oggi sono un driver importante: prima si tingevano i muri di casa perché erano sporchi, oggi lo facciamo per abbellirli.